L’Europa sta sbagliando molto, nelle strategie Automotive, ma non solo. Il quadro geopolitico da anni sta cambiando ed ora con la nuova Amministrazione americana, si ribadisce ciò che era chiaro già con Obama. Gli interessi e gli investimenti USA non hanno più come centro l’Europa, ma l’Oriente, con riferimento principalmente a Cina e India, senza possibilmente acuire i contrasti con la Russia visto che, con gli accordi di Minsk del 2014 con l’Ucraina, si era cercato di porre fine al conflitto armato nel Donbass con i filorussi della regione. Quegli accordi non hanno avuto mai attuazione e il conflitto nell’Ucraina orientale è proseguito con 14.000 morti nel tempo e poi deflagrato nella guerra attuale che costa molto, ha causato danni notevoli a molti Paesi europei, per la forte ascesa dei costi energetici, e causato decine di migliaia di morti.
In questo quadro in sé già molto complesso la Ue ha pensato bene di continuare con il suicidio della conversione della mobilità dall’endotermico all’elettrico. Si sperava, ma erano in pochi a crederlo, che la Ue di fronte a tutti questi problemi avrebbe fatto, se non un passo indietro, almeno un passo laterale per dare respiro all’Automotive e consentire un passaggio più graduale verso la transizione energetica virando consapevolmente verso la neutralità tecnologica che prevede ancora i motori endotermici nell’ibrido e anche quello con la spina, oltre ai carburanti sintetici meno inquinanti ed ovviamente le vetture elettriche anche ad idrogeno.

Niente di tutto questo, si prosegue a testa bassa sulla strada intrapresa che ancora presenta tanti problemi irrisolti ed il cui costo appare insostenibile. I costi di produzione delle BEV sono elevati con tecnologie costose e l’utilizzo di materiali rari (litio e cobalto) in mano ai cinesi. L’impatto di questi fattori economici si ripartisce sui prezzi, sui volumi di vendita e sui margini delle Case. La concorrenza della Cina sull’elettrico è feroce. I Costruttori cinesi stanno entrando nel mercato europeo con vetture gradevoli, tecnologicamente avanzate ed a prezzi molto competitivi anche dopo l’introduzione dei dazi. I cinesi hanno dei costi di produzione decisamente più bassi e sussidi statali che in Europa non sono consentiti. Inoltre, l’Europa dopo il Covid e poi la guerra in Ucraina ha avuto un forte rallentamento della domanda, tassi di inflazione elevati e costo del denaro che in questi anni ha fortemente penalizzato mutui e finanziamenti all’acquisto delle automobili. Peraltro, i problemi di approvvigionamento post Covid per semiconduttori, batterie e componenti elettronici non sono risolti del tutto e la dipendenza da fornitori asiatici è vissuta come una ulteriore criticità. Le fabbriche auto, con la riduzione della domanda che perdura da più anni e la conversione all’elettrico, stanno chiudendo e per avviarle a nuova vita devono essere soggette ad una riconversione industriale, cara e difficile da realizzare anche per gli addetti, se si vogliono evitare problemi sociali ed esistenziali. Le auto poi stanno diventando sempre più complesse, digitalizzate, connesse e automatizzate. Anche su questi temi i Costruttori europei sono indietro. Da qualsiasi prospettiva si osserva la strategia delta transizione energetica non si capisce perché sia stata intrapresa, risulta assurda e sembra piacere solo a Ursula von der Leyen ed ai lobbisti della ONG, T&E (Transport & Environment).

 

Massimo Ghenzer